"Il Palazzo del Principe di Fassolo ( Genova ) " 
di Barbara Bernabò 
 
 
 

 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il Palazzo del principe Doria

 
 
Il Palazzo del principe Doria è l’unica reggia che la Repubblica di Genova abbia conosciuto nella sua storia. 

Pur avendo ospitato personaggi di primo piano, non fu mai censito nei cinque Rolli istituiti dalla Repubblica per individuare le dimore destinate ad ospitare gli ospiti illustri, perché la sua ubicazione era esterna alle mura della città. 

Qui Doria riceveva gli ambasciatori stranieri ancor prima che presentassero le credenziali al governo genovese, a Palazzo Ducale.

Il complesso, infatti, si estendeva dalla collina di Granarolo fino al mare, con una successione di terrazzamenti con mulino, granai stalle, forno, cucina, alloggi per la servitù e le guardie, oltre ad un approdo privato.

 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le prime acquisizioni
 

A partire dal 1521 Andrea Doria acquista dai Lomellini tre proprietà contigue a Fassolo, tra la via pubblica (più o meno l’attuale via S.Benedetto) e il mare. 

Nel giugno 1529 acquista dai De Furneto una proprietà contigua ad est, detta “Paradiso”, ed entro l’anno sistema il piano nobile, articolato in due appartamenti: uno per sé e uno per la moglie Peretta Usodimare (sposata nel 1527), composti da un salone e quattro stanze. 

Nel 1531 l’imperatore Carlo V insignisce l’ammiraglio del titolo di principe di Melfi e del Toson d’Oro (conservato nella Sala della Carità Romana), massima onorificenza dell’epoca: status e prestigio di un vero e proprio signore rinascimentale nella Genova repubblicana. 

Nella villa di Fassolo Andrea dà vita ad una piccola corte popolata non solo dalle maggiori personalità politiche del tempo, ma anche da illustri uomini di cultura, quali Perin del Vaga e Paolo Giovio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le prime decorazioni
 

Periodo 1528-1537. Per interessamento di Nicola Veneziano, ricamatore al servizio di Andrea Doria, tra il 1528 e il ‘29 arriva a Genova Pietro Buonaccorsi, detto Perin del Vaga (Firenze 1501-Roma 1547). 

Allievo del Ghirlandaio a Firenze e a Roma collaboratore di Raffaello, egli si trattiene presso Doria fino al 1537 e per lui cura la decorazione e gli arredi di gran parte delle sale e l’assetto del palazzo, come ricorderà anche Giorgio Vasari (Vite de’ più eccellenti pittori, scultori… italiani, 15682).

Perin del Vaga esordisce disegnando gli archi di trionfo effimeri eretti nel 1529 per festeggiare il passaggio in città di Carlo d’Asburgo, diretto a Bologna per ricevere la corona imperiale. A lui si riconduce il disegno del solenne portale nord, con il timpano ornato da statue delle virtù e dello stemma Doria (eseguito da Silvio Cosini con l’aiuto di Giovanni da Fiesole) e l’idea di trasformare la villa in una struttura “aperta” sulla natura con la creazione degli straordinari giardini.

Alla sua regia si deve la coerenza dell’apparato decorativo interno al palazzo, dove Perino esegue buona parte degli affreschi, avendo come collaboratori altri artisti quali il giovane cognato Luca Penni e Prospero Fontana. Sappiamo dalle fonti che lavorarono alla facciata sud dell’edificio Gerolamo da Treviso (1529), il Pordenone e il senese Domenico Beccafumi; tra gli scultori e i plasticatori, Silvio e Vincenzo Cosini, Giovanni da Fiesole, Luzio Fomano, altri artisti lombardi.

 
 
 
 
 
 
Il pensiero estetico del Doria
 
 

Nel programma glorificatorio voluto da Doria l’inevitabilità di un destino di grandezza, legato sia alle ascendenze familiari sia alle capacità individuali, culmina nell’identificazione dell’ammiraglio con Nettuno, dio del mare, posto sullo stesso piano di importanza di Giove che fulmina i Giganti, affrescato nel salone ad ovest, allegoria dell’imperatore Carlo V che punisce i ribelli e gli eretici.

I Trionfi dell’atrio alludono alle vittorie doriane; gli Eroi della loggia celebrano le virtù civili degli antenati Doria, la Carità Romana le virtù morali del committente. 

Gli appartamenti privati, di quattro camere ciascuno, sono decorati con temi tratti dal repertorio mitologico: soggetti eroici che alludono alle virtù personali nelle stanze di Andrea e storie amorose, tratte dalle Metamorfosi di Ovidio, nelle sale della moglie Peretta Usodimare. 

Puntuale è la descrizione che ne fa il Vasari:

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il pensiero del Vasari
 

« … all’entrata del palazzo del principe è una porta di marmo, di componimento et ordine dorico, fatta secondo i disegni e modelli di man di Perino… Èvvi la volta con cinque archi, lavorata di stucco superbamente, e così tramezzata di pitture con alcuni ovati, dentrovi storie… e le facciate son lavorate fino in terra, dentrovi molti capitani a sedere armati, parte ritratti di naturale e parte imaginati, fatti per tutti i capitani antichi e moderni di casa Doria, e di sopra loro son queste lettere d’oro grandi che dicono: Magni viri, maximi duces, optima fecere pro patria. 

Nella prima sala… nella volta sono ornamenti di stucchi bellissimi; in sugli spigoli e nel mezzo è una storia grande di un naufragio d’Enea in mare, nel quale sono ignudi vivi e morti, in diverse e varie attitudini, oltre un buon numero di galee e navi, chi salve e chi fracassate dalla tempesta del mare… 

Nell’altra sala, fece medesimamente nella volta pitture a fresco, e lavorò di stucco in un ordine quasi simile quando Giove fulmina i giganti, dove sono molti ignudi, maggiori del naturale, molto begli. Similmente in cielo tutti gli dèi i quali, nella tremenda orribilità de’ tuoni, fanno atti vivacissimi e molto proprii…

Fecevi quattro camere, nelle quali tutte le volte sono lavorate di stucco in fresco, e scompartitevi dentro le più belle favole d’Ovidio che paiono vere…Similmente da l’altra banda dell’altra sala fece altre quattro camere, guidate da lui e fatte condurre da’ suoi garzoni, dando loro però i disegni così degli stucchi, come delle storie, figure e grottesche … » 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Il Palazzo del principe Doria
 

 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Gli arredi e la loro funzione
 

Gli appartamenti dei principi sono compiuti quando nel 1533 il neo principe di Melfi ospita l’imperatore Carlo V. 

In quest'occasione Perin del Vaga realizza, primo in Italia, apparati effimeri trionfali e progetta arazzi, mobili, bandiere, arredamenti navali.

Già nell’agosto 1529 Carlo V aveva visitato a Genova il palazzo di Andrea Doria a Fassolo, ricevuto con un cerimoniale fastoso: l’imperatore, proveniente da Savona, era sbarcato al molo, aveva attraversato un ponte di legno coperto di broccati d’oro e damaschi, quindi aveva salito una scala culminante in un arco trionfale nel quale erano effigiati anche Andrea Doria e l’imperatore stesso che incoronava la città di Genova. 

Carlo V si diresse poi verso il duomo attraversando due archi trionfali «cum varie historie depente et scritture» (Marin Sanudo) progettati da Perin del Vaga (i relativi disegni preparatori sono oggi conservati allo Staatliche Museen di Berlino). 
 
 
 
 
 
 

 
I nuovi lavori
 

 … Un altro artifizio fu concepito per sottolineare il ruolo dell’imperatore come garante del nuovo assetto politico che aveva assunto Genova dopo la riforma doriana del 1528: presso il Molo «una grandissima balla finta in foggia dil Mondo», sovrastata dall’aquila imperiale, «si aperse per mezzo et in uno subbito gettò tant’acqua odorifera che bagnò tutto Sua Maestà et li altri, della quale palla usciva fuori uno giovine che fingeva la Iustitia», il quale fece dono a Carlo V di due grandi chiavi – una d’oro, l’altra d’argento – consegnando nelle sue mani la città di Genova e i suoi abitanti. 

Periodo 1539-1542. Andrea Doria amplia il terreno verso nord e ottiene dalla Repubblica la concessione dell’acqua proveniente da Granarolo e lo spostamento della via pubblica. Viene riorganizzato il giardino e i lavori sono affidati al frate servita fiorentino Gio. Angelo Montorsoli (tra il 1543-47), scultore e architetto, collaboratore di Michelangelo per la Sagrestia Nuova di S. Lorenzo in Firenze.

Chiamato a Genova da Doria, egli realizza nella chiesa gentilizia dei Doria la Tomba di Andrea e alcune statue, tra cui quella celebrativa dell’ammiraglio poi collocata presso Palazzo Ducale.
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Il giardino
 

 … Ornava il giardino a mare un colossale Nettuno in stucco del Montorsoli, poi distrutto e forse sostituito dalla monumentale fontana marmorea con Nettuno sul carro (1599-1603) di Taddeo, Giuseppe e Battista Carlone, ancora esistente.

Il giardino è stato distrutto nel secondo Ottocento, ma un disegno settecentesco del Gauthier lo mostra sontuoso, con una grande fontana ottagonale al centro e pergolati comunicanti tramite una passerella al piano nobile del palazzo, una grotta – la Grotta del Gigante (Giove) dell’urbinate Marcello Sparzo (1586) -, fontane con giochi d’acqua.

Nel luglio 1548 nel Palazzo di Fassolo soggiorna Ferdinando d’Asburgo, re di Boemia e Ungheria (futuro imperatore Ferdinando I), fratello dell’Imperatore Carlo V, in viaggio dalla Germania verso la Spagna, ricevuto solennemente in città. La sera del 20 luglio, mentre i musici allietano l’atmosfera, «si vide arteficiosamente un castello di tavole non molto grande attaccato ne l’aria, che sparava gran numero di piccioli pezzi di artela- ria, con quattro ruote che rotando gettavano molti raggi verso il cielo, seguendo molte altre cose molto piacevole» (Marco Guazzo).
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
La congiura dei Fieschi
 

… Poco dopo sarà preparato uno spettacolo simile anche per il figlio di Carlo V, il futuro re di Spagna Filippo II, per il quale è creata un’atmosfera soffusa con duecento torce.

Nel 1547 la zona intorno al Palazzo è teatro delle vicende della Congiura dei Fieschi: nella notte tra il 2 e il 3 gennaio Gian Luigi Fieschi, occupata la darsena e le porte della città, si appresta a prendere le galee doriane, ma nel passaggio da una nave all’altra un passo falso lo trascina in acqua e la pesante armatura gli impedisce di risalire a galla. Intanto anche il nipote di Andrea Doria, Giannettino, richiamato dal rumore, è accorso verso la vicina porta di San Tommaso ed è stato ucciso.

Al figlio di Giannettino, Giovanni Andrea I Doria (1539-1606), si deve l’assetto definitivo del complesso (l’aggiunta della galleria ad ovest, delle logge angolari aperte, delle costruzioni laterali di servizio e della loggetta a mare) e il completamento della sistemazione dei giardini. Per questi interventi il nuovo principe si avvale specialmente dell’opera di Giovanni Ponzello, architetto camerale di Genova dal 1576 al 1596 … 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Lo sfarzo
 

… Nel 1581 i marmorari Pier Antonio del Curto e Benedetto Matteo da Novi eseguono il portale ad est, nello stesso anno viene realizzata la loggia a mare. Nel 1594 Battista Cantone e Luca Carlone si obbligano a costruire, su modello «firmato de mano di Petro Serra», la Galleria a ponente, impostata su un edificio preesistente, e la loggia angolare passante a colonne binate, simile a quella già edificata a levante. Le quattro stanze aggiunte a est conservano gli stucchi eseguiti nel 1599 dall’urbinate Marcello Sparzo. 

Proprio nel 1599 arriva a Genova l’arciduchessa Margherita d’Austria, nipote dell’imperatore Rodolfo II, da poco tempo moglie di Filippo III di Spagna (e futura nonna del re francese Luigi XIV). L’11 febbraio Margherita, accompagnata dalla madre, dallo zio arciduca Alberto, dal governatore di Milano e da un corteggio di nobili, entra in città attraverso l’arco di trionfo eretto presso la Lanterna, mentre in mare sono schierate le navi di Giovanni Andrea pavesate e pronte a salpare verso la Spagna. Il corteo di lettighe e carrozze si arresta all’ingresso del Palazzo Doria di Fassolo, dove il corteggio reale è ricevuto dalla famiglia principesca al completo.

All’inizio del Seicento il giardino inferiore è strutturato in forme geometriche, con aiuole quadrangolari disposte simmetricamente intorno alla Fontana del Nettuno e ornate da vasche minori con statue. Il giardino superiore è terrazzato, con un grande pergolato, a livello del piano nobile, sorretto da colonne, fontane, due casini affrescati e, in alto, un nicchione con il gigantesco Giove in stucco di Marcello Sparzo (1586) … 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
L'espansione urbanistica
 

… Il palazzo è rimasto, nei secoli, abitazione dei discendenti di Andrea Doria, che dal 1671, a seguito del matrimonio di Giovanni Andrea III con Anna Pamphilj, assumono – appunto - il cognome Doria Pamphilj. 

A partire dal XIX secolo il complesso viene eroso – e, di conseguenza, soffocato e snaturato – per fare posto alla ferrovia e alla Stazione Principe (1854), a via Pagano Doria (1899), all’Hotel Miramare e ad altre abitazioni (1913), quindi alla Stazione Marittima (1930) e a via Adua (1935) … 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Una parte del nostro Centro di Cultura LA TORRE nel giardino del Palazzo del Principe