La cultura del lasciare il paese per ricercare
occupazioni spesso improvvisate e legate al mondo dei vagabondi girovaghi
trova qui un’originale conferma. La famiglia dei Cereghino si era specializzata
nel praticare il mestiere dei musicisti ambulanti, così ampiamente
documentato in tutto il nostro territorio, con una particolarità
unica: i cantastorie.
Abbiamo visto come era articolato il mondo
dei vagabondi e quello dei musicanti, abbiamo cercato di ricostruire i
percorsi e le motivazioni di tali scelte, si è verificato che spesso
il “suonare” significasse imbonimento, per questuare, più che esibizione
musicale. Nel caso dei Cereghino troviamo un’ampia documentazione che ci
permette d’affermare il loro ruolo di musicisti, di scrittori dei loro
testi, editori delle loro canzoni, attenti a difenderne e proteggerne la
proprietà letteraria. L’ampio materiale raccolto, le ricerche
(18) sul
territorio ci permettono una precisa ricostruzione della presenza e dei
destini di questa famiglia.
Sin dai primi decenni dell’800 i Cereghino
lasciavano Favale per raggiungere le piazze dell’Italia Settentrionale,
nelle carte ritrovate si conserva una “piantina” che documenta il “giro”
delle esibizioni individuando delle aree operative. Verso il levante ligure:
Chiavari, La Spezia, Sarzana, Carrara, Massa, Lucca, Borgo a Mozzano, Barga,
Castelnuovo di Garfagnana. Negli appunti di preparatori sono riportate
delle note: mercato, viaggio, fiera; sono indicazione dei luoghi,
fiere e mercati, dove operare e delle distanze dei trasferimenti tra le
diverse località: Carrara Borgo a Mozzano 20 miglia (19).
Verso il parmense e il piacentino si transitava
dal Passo del Bocco, si scendeva a Borgo Taro per iniziare il “giro”, poi
Bardi, Lugagnano, Piacenza, Ponte dell’Olio e Bettolla; queste località
descrivono areali omogenei, indicano percorsi precisi e consolidati.
Pianello, Borgonovo, Castel San Giovanni,
Broni e Stradella, Casteggio, Voghera, Godiasco. Sempre dagli appunti a
margine del percorso troviamo altre indicazioni: le località raggiunte
per l’esibizione erano spesso frequentate per un giorno, solamente Borgo
Taro è praticata per tre giorni consecutivi (22/23/24 settembre,
Fiera di San Matteo).
(18) Collettivo
Culturale “Il Gruppo”, Chiavari. Il Collettivo conduce un’ampia ricerca
e pubblica un saggio sui Cereghino nel 1980. Alla Ricerca dei Careghino
cantastorie in Favale. Bozzi editore.
(19) Alla
Ricerca dei Cereghino...pag. 41.
A Tortona si individua un ampio cerchio di
cittadine raggiunte: Alessandria, Mirabello, Occimiano, San Salvatore Monferrato,
Montemagno, Asti, Costigliole, Nizza, Canelli, Acqui e Ovada. Sono sempre
le piazze, i mercati e le fiere i luoghi prediletti dai Cereghino per le
loro esibizioni: il treppo dava inizio allo spettacolo, il cantastorie
richiamava l’attenzione dei passanti e cercava di formare un pubblico per
cantare le sue canzoni. Appena terminata l’esibizione si passava alla vendita
delle canzonette, queste erano stampate su fogli colorati, con un’illustrazione,
talvolta i numeri del lotto.
Sempre riferendoci agli scritti dei Cereghino
sappiamo quante canzoni potevano essere vendute in una giornata: Il
vice sindaco mi permise di cantare e di vendere le mie morali e religiose
canzoni; (e ne vendetti 200 e più ) (20).
I fogli volanti dei Cereghino e di gran parte
dei cantastorie dell’areale settentrionale erano stampati da tipografie
specializzate, queste producevano i fogli per i singoli cantastorie o proponevano
materiali da diffondere. A Fiorenzuola d’Arda era la tipografia Pennaroli,
ad Aqui Terme la Dina, a Milano la Tipografia Ranzini, a Codogno la Cairo,
a Genova la Papini.
I Cereghino producevano tradizionalmente i
loro fogli volanti presso la Tipografia Dina di Acqui Terme, ma spesso
si avvalevano di materiale non da loro edito come i fogli proposti dalla
Tipografia Ranzini di Milano: il catalogo della musica tascabile e cartoline
illustrate con musica si spedisce gratis a che ne fa richiesta; così
specificava l’editore milanese.
Dall’esame della produzione conservata si può
ipotizzare come le canzonette fossero costruite e composte, i manoscritti
ritrovati offrono un ampia documentazione delle poesie scritte da diversi
membri della famiglia Cereghino. I fogli manoscritti sono 38 con la possibilità
d’individuare 54 canzoni, dalle date riportate è individuabile un
periodo di composizione compreso tra il 1848 e il 1896, il foglio volante
più antico porta la data del 1878. I manoscritti erano trasmessi
alle tipografie che componevano il foglio dotandolo di un’opportuna iconografia,
a questo punto era pronto per l’esibizione e la vendita.
(20) Archivio
Tavola Valdese. Sunto Storico. Manoscritto a firma Cereghino Stefano in
data 27 luglio 1898.
Altra particolarità dei Cereghino era
una produzione di canzoni scritte e cantate in dialetto genovese, si tratta
di composizioni che affrontano temi autobiografici, cronache locali; possiamo
supporre che queste fossero eseguite durante la frequentazione delle piazze
liguri, raggiunte durante i rientri dal Piemonte e Lombardia.
Il genovese dei Cereghino è scritto
in modo lineare, riproponendo la scrittura esatta della lingua parlata,
l’uso dei vocaboli e le espressioni utilizzate sono legate al lessico ancora
in uso nel territorio.
Le canzoni in lingua italiana affrontano i
tipici argomenti del repertorio dei cantastorie: la vita militare, l’amore,
i fatti di cronaca e di costume, le tragedie, la politica.
I fogli volanti raccolti sono 42 così
suddivisi: 12 autografi o portanti la proprietà letteraria dei Cereghino,
6 sono edizioni con testi e modi espressivi riconducibili ad una probabile
attribuzione ai cantastorie di Favale.
La raccolta si completa con 24 pubblicazioni
di cantastorie più famosi, potremmo dire di successo, o canzoni
assai diffuse e conosciute (Sante Caserio, La Spagnola, Quando nasceste).
Quest’ultimo aspetto restituisce un modello
di tradizione orale interessante: nelle interviste realizzate si ritrovano
frammenti di canzoni diffuse e conosciute in un vasto areale, i pezzi si
diffondevano senza la presenza dei mezzi d’informazione (specie la radio)
e permettono di riscontrare un piacere per il canto.
Le esecuzioni avvenivano nelle famiglie e nell’ambito
abitativo, i più anziani affermavano d’avere acquistato i fogli
volanti per cantarli e d’averli conservati per lunghi periodi, non a caso
le canzoni e le arie ricordate sono davvero tante.
Questo quadro riferisce di come fossero usate
le canzoni dei cantastorie e come si diffondessero, in un periodo precedente
alla diffusione dei mezzi radiofonici, i quali imporranno il loro repertorio,
uguale in tutte le zone d’ascolto e guastando il piacere del canto per
imporre l’ascolto passivo.
Le composizioni dei Cereghino non hanno restituito
spartiti o appunti propriamente musicali, nelle tipicità dei cantastorie
e nei modelli espressivi utilizzati si possono riscontrare delle “arie”
utilizzate per predisporre la canzone. Queste melodie sono spesso uguali
o con minime variazioni, permettono di eseguire così molte canzoni
utilizzando minime partiture. Spesso le canzoni iniziano con un richiamo,
un momento d’attenzione come richiedeva il canone del treppo, l’imbonimento
dei cantastorie:
Gente cae vegni in po’ chi
a fermeve a sta asentì
questa vegia cansunetta
che a veite a le proprio scetta ... (21)
Le canzoni potevano avere decine di strofe
che non erano tutte cantate, ma permettevano ai cantastorie di valutare
la situazione e variare a piacere l’esecuzione, iniziandole da diversi
punti o cantandone solamente alcune lezioni. Il modo espressivo tipico
dei Cereghino era caratterizzato dall’uso di una schietta ironia, da una
forte ed intelligente satira, spesso si ponevano l’oro stessi nel tema
della canzone:
De marsu ragne i gatti
a Castello ghe sinque matti
capurollu l’è u Sprangou
e i secundi i Battistolli
tersu i Buschi e i Teixinin
che i en matti da ligà
che i se taggiu i erbui
cuntru a ca’.
(21) Tipica
forma d’inizio delle composizioni dei Cereghino. Dopo questa strofa iniziava
il tema della canzone.
Questo frammento di filastrocca propone in
modo chiaro il modello espressivo dei Cereghino, si tratta di un’aria dedicata
ad un quadro locale: Castello è la frazione di Favale dove vivevano
i cantastorie, il capo dei matti è Sprangou (soprannome di Andrea
Cereghino, era claudicante), i Batistolle, i Buschi, i Teixinin
erano i soprannomi di famiglie residenti nel borgo, questi erano matti
perché si tagliavano gli alberi contro le loro case!
Ecco un esempio di figura ironica spesso proposta
per richiamare e portare in un ambito pubblico i vizzi privati, le figure
ridicole del paese, i tanti piccoli misfatti e falsità che caratterizzano
le comunità.
Non è un caso che il materiale raccolto
contenesse molti riferimenti a queste figure, la tradizione le ha preservate,
il ricordo le custodisce, la comunità forse si riconosce ancora
in queste forme ironiche.
Il fatto che questi materiali della memoria
si siano conservati, diffusi e spesso condivisi, conferma che i Cereghino
possano essere assunti come autentici poeti popolari, cantori di un mondo
che li vedeva come veri protagonisti, capaci di una sintesi della società
di quei tempi.
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